In Toscana sono oltre 60 le fattorie impegnate nell’agricoltura sociale. Sono aumentate di 7 volte dal 2013 e hanno offerto in questi anni preziosi servizi sanitari a oltre 5.000 nuclei familiari. Aumentano quindi le aziende che scelgono di orientare le proprie attività anche in questa direzione, ma le difficoltà burocratiche e normative ostacolano i loro percorsi. È quanto emerso dai dati di Coldiretti Toscana, presentati in occasione del webinar “Valore e valori della filiera biologica e sociale”. (Qui il video integrale)
Una sottomisura del PIF Organica Toscana ha riguardato proprio l’agricoltura sociale e le attività di cooperazione per promuoverla. La Toscana è stata la prima nel 2010 a dotarsi della propria legge regionale. Oggi i territori coinvolti in particolare le provincia di Pisa, Firenze, Arezzo, Grosseto, con alcune esperienze sull’Amiata, in Lucchesia e in Lunigiana.
L’obiettivo del PIF è stato quello di supportare le aziende con azioni di informazione e cooperazione fra gli enti, a partire dalle necessità delle imprese e dai loro percorsi. Servono competenze specifiche infatti, formazione e progetti duraturi per consolidare una realtà che nei prossimi anni diventerà sempre più importante.
“Nelle campagne senza welfare non c’è economia”. Sono le parole di Francesco Di Iacovo, professore di Economia Agraria dell’Università di Pisa e studioso di lungo corso dell’agricoltura sociale. Nel suo intervento al convegno è stato chiaro: “Nuovi modelli di sostenibilità si impongono sulla società, intesa come Stato, comunità locali, cittadini e mercato”, ha detto. “Così come le aziende agricole assumono un ruolo innovativo, fatto di multifunzionalità e diversificazione, in un rapporto stretto e attivo con le parti sociali. Il welfare si inserisce in questo ragionamento. Il welfare rigenera le aree rurali in un progetto di qualità, che riguarda i prodotti ma anche i processi”.
Quello che è stato prodotto in Toscana, a suo dire, “si è inceppato a causa di una legge senza procedure applicative. Ma anche per la necessità di adeguare la legge regionale alla L.141/2015”. Serve poi, ha aggiunto, “un maggiore collegamento tra il livello regionale e i territori. Così come è necessario un raccordo tra politiche di sviluppo rurale, sociali, del lavoro e socio sanitarie”.
La direzione è anche quella di una struttura multi-competente, che tenga conto delle specificità territoriali e di uno standard elevato da mantenere. Il modello italiano di agricoltura sociale è innovativo, perché tiene insieme la produzione di beni e servizi. Un modello che punta sì al welfare, ma anche alla produzione agricola vera e propria. Che crea ambienti inclusivi veri, permette un uso migliore delle risorse, e in particolare costituisce un modello di risposta a momenti di crisi.
“Il quadro in sintesi è di grande opportunità per legare attività economica, imprenditoria responsabile, qualità sociale e nuovi mercati non competitivi”, ha detto ancora Di Iacovo. “Un’innovazione da accompagnare con un doppio binario che veda da un lato il lavoro nei sistemi locali per le reti pubblico-private, dall’altro il lavoro regionale anche in termini di integrazione delle politiche”.
Iniziativa finanziata dalla sottomisura 1.2 nell’ambito del bando PIF AGRO 2017 del Programma di Sviluppo Rurale 2014 – 2020 della Regione Toscana (fondi FEASR)